CINEMA: A DANGEROUS METHOD
R. Daniele / S. Bacon
10/8/20115 min read
L'argomento di questo intervento è l'ultimo film di David Cronenberg, A Dangerous Method (Rif. 1), di produzione europea e canadese, uscito nelle sale, come abbiamo già fatto notare nell'articolo correlato, il 30 settembre scorso, lo stesso giorno del remake di Let me In (Rif. 2). E come abbiamo già fatto notare, questo film, per quanto tecnicamente impeccabile, ovvero girato con una tecnica perfezionata e magistrale, non ha molto più a che fare con il Cronenberg che storicamente ha dato avvio e sviluppo, nelle tre ultime decadi del Novecento, al post-modernismo cinematografico, di cui l'altra incontrovertibile faccia è rappresentata dal cinema David Lynch - cineasta quest'ultimo di cui la storica visione, invece, non viene smentita né scalfita neanche minimamente dalla sua più recente filmografia (Rif. 3).
Come già si diceva, appunto, questo ultimo film, da inquadrare nell'ambito della produzione cinematografica attuale di gran livello e stile, all'interno di un percorso del tutto originale e singolare quanto organico del regista canadese, si pone sulla linea intrapresa negli ultimi tempi, a partire da History of Violence(2005), per così dire meno canadese e addirittura meno cronenbergeriana, quasi più statunitense e pur sempre contemporanea, del dramma psicologico.
La sinossi del film è naturalmente reperibile ovunque e non è di certo della stessa che vogliamo parlare qui, tratta dal libro di John Kerr A Most Dangerous Method; titolo che nel libro come nel film si riferisce al pericolo implicito nel metodo analitico basato sulla partecipazione da parte dell'analista ai dolori del paziente al punto da trasferirli in se stesso.
Ciò da cui prendiamo senz'altro le distanze, come in parte già delineato, è l'idea che sembra essere decisamente un luogo comune secondo la quale Cronenberg sia impegnato oggi come allora ad analizzare i sentieri inpervi dell’intelletto umano, sia dall’esterno - con riferimento al cinema storico dell'altro secolo; sia dall’interno - con riferimento alla più recente cinematografia. Questo nesso tra i due tipi di cinema dello stesso autore ci sembra piuttosto superficiale e criticamente infondato, dal momento che l'analisi della mente umana non è propriamente la caratteristica peculiare né dell'uno né dell'altro cinema. In riferimento alla produzione più recente, e in particolare all'ultimo film, la cosa si confonde decisamente con i temi e gli argomenti del film, la cui narrazione è in tal senso impeccabilmente oggettiva e distaccata. L'analisi della mente umana non è propriamente l'oggetto di una riflessione condotta attraverso il film, bensì è l'oggetto della sua storia i cui protagonisti sono Carl Gustav Jung, Sigmund Freud e la figura di una singolare paziente del primo; d'altro lato la storia, dal punto di vista della produzione come dell'analisi del film non è che un aspetto dei livelli del discorso, i cui connotati tecnico-linguistici ed estetici sono viceversa in tal senso determinanti. Partanto il film, come mezzo attraverso cui l'autore si esprime, si incarna piuttosto in una descrizione puntuale, che vuole mostrare prima di ogni altra cosa la sua assoluta oggettività. Essenzialità ed eleganza pertanto sono le caratteristiche della regia, come di ogni altro aspetto del film, dalla sceneggiatura al montaggio, dalle ambientazioni ai costumi, e le quali, considerata la storia cinematografica di Cronenberg, sembrano dettate dalla volontà di dimostrare delle capacità in tal senso e dunque da una scelta stilistica di maniera, piuttosto che dall'espressione artistica in senso proprio e incondizionata del Cronenberg della storia. D'altro lato, ciò che noi abbiamo indicato come dramma psicologico si riferisce all'osservazione dei problemi di natura psicologica del piccolo gruppo, che è familiare in History of Violence (2005), del gangster-eroe in La promessa dell'assassino (2007), degli analisti dell'ultimo film in oggetto; internamente alla società contemporanea che fa da grande sfondo in ogni caso (Rif. 5).
I film cronenbergeriani che precedono quest'ultimo, con punto di snodo in Spider (2002) presentano anzi delle forti riflessioni autoriali evidenti in ogni aspetto dei film, e strettamente connesse alle translazioni degli argomenti e temi da una natura originariamente in gran parte oggettiva ad una risoluzione in un livello completamente altro, surreale e fantastico; con ogni evidenza il film in oggetto non agisce in questo modo, in esso anzi il dato storico e la sua importanza vanno non alle caratteristiche tecnico-linguistiche ed estetiche del film, per cui conosciamo e studiamo in tutto il mondo il cinema di David Cronenberg; essi vanno bensì da attribuirsi alla storia narrata, ovvero agli argomenti dall'interesse storico (romanzato naturalmente). - Si noti che le ultimissime tracce di ciò che abbiamo definito translazione tra i livelli reale-irreale come caratteristica del cinema storico dell'autore in quanto tale, si ritrovano nel primo dei film indicati poco fa (History of Violence, 2005) per scomparire dunque del tutto nei successivi.
Il cinema dell'altro secolo di David Cronenberg viceversa ha un'importanza storico-critica innegabile relativa proprio alle caratteristiche tecnico-linguistiche ed estetiche come in tutti i casi di grande cinema, e quindi alla detta translazione nonché alla riflessione in tal modo condotta attraverso il mezzo cinema dei rapporti intercorrenti tra l'uomo e la sua realtà-irrealtà; nel qual caso: i suoi incubi connessi con il mondo tecnologico e tecnologicamente meccanicistico che dagli anni Settanta del Novecento e lungo il corso della vecchia cinematografia cronenbergeriana diventa sempre più imponente; laddove il riferimento alla mente umana è certo quanto non assimilabile alla interpretazione psico-patologica, se non sporadicamente; cosa mostrata ampiamente dalla bibliografia critica anche solo nostrana. (Rif. 4).
Dopo tutto, un'interpretazione che ci viene forse suggerita dal buon vecchio Cronenberg c'è, se si ammette che la narrazione sia connessa con la sfiducia nei confronti della psico-analisi come scienza alla luce della sua storia e dei suoi sviluppi; dal momento che Jung infine si riversa in una vita di doppiezze, bugie e meschinità, e l'unico analista supersite, morto Freud, è colei che, in origine paziente, nel corso del film studia mentre viene curata e infine esercita la professione, passando dall'essere una persona fortemente squilibrata a seduttice del suo medico curante ad analista esercitante, rispettivamente dalla narrazione si evince infine quanto segue: l'analista è una figura che o non è all'altezza del compito - vedi Jung - o è essa stessa il frutto e l'origine di una patologia - vedi la paziente. [S. Bacon / R. Daniele]
Articoli correlati: CINEMA: LET ME IN NELLE SALE ITALIANE (2011.10.01)
Riferimenti:
1. http://www.adangerousmethod-themovie.com/
2. http://www.letmein-movie.com/
3. http://davidlynch.com/ (web archive at the time), and the actual: http://davidlynch.com/
4. Alberto Artese, David Cronenberg: la rabbia della forma, Rimini: Comune, 1987; Enrico Bisi, Dead ringers, l'implosione nel cinema di David Cronenberg, Torino, Universita degli studi, 2001; Valeria Borello, Il corpo nel cinema di David Cronenberg, Torino, Universita degli studi, 1999; Gianni Canova, David Cronenberg, Il castoro cinema. 1993; Michele Canosa (a cura di ), Il cinema di David Cronenberg, la bellezza interiore, Recco, Le Mani, 1996; Riccardo Dalle Luche - Alessandra Barontini, Transfusioni, saggio di psicopatologia dal cinema di David Cronenberg; Fabrizio Liberti, David Cronenberg, dal cinema della mutazione all'horror esistenziale, Roma, S. Sorbini, 1995; Elisa Mangili, Videodrome (1982) di David Cronenberg, Pavia, Universita degli studi, 1994; Marcello Pecchioli, Effetto Cronenberg, metacritica per un cinema delle mutazioni, Bologna, Pendragon, 1994; Paolo Vernaglione, David Cronenberg, Napoli, Ed. Scientifiche Italiane, 1995 [http://www.davidcronenberg.de/].
5. Un riferimento alla filmografia anche storica dell'autore in oggetto è rintracciabile al link http://www.movieplayer.it/personaggi/david-cronenberg_532/